Che fine sta facendo LeU? Che fine farà?

Incisivo e purtroppo attuale l'articolo di Mario Lavia apparso su Democratica il sito di informazione del Partito Democratico di cui ripropongo la lettura.

La grande paura di LeU. E D’Alema chiese: “Quanto stiamo sprofondando?”

f3a3d919-17e5-11e8-a2af-0010186dda0c Ufficio Stampa | Stefano Apuzzo

La concorrenza di Potere al Popolo e di +Europa fa male. In ritardo in tv e sui social, la lista di Grasso rischia di fallire

 

Due cose i capi di LeU non avevano previsto: l’improvvisa apparizione di Potere al Popolo – formazione tosta di estrema sinistra – che rosicchia voti, appunto, a sinistra; e la calamita +Europa che, catturando voti critici verso il Pd, rosicchia voti sulla sua destra.

“Una cosa indistinta”

“È vero, sentiamo una gran concorrenza…”, sospira un candidato di peso della lista di Grasso che di più non vuole dire. Da quelle parti non c’è una grande aria. Il primo a fiutare l’andazzo è stato uno dei suoi primi sostenitori, giornalista di lungo corso, Peppino Caldarola, che su Lettera 43 aveva scritto giù diverso tempo fa: “LeU resta, a oltre metà campagna elettorale, una cosa indistinta. Non è guidata da alcuno, sono tutti in periferia a cercarsi un posto in parlamento, ha i manifesti più tristi dell’epoca moderna. Cose che non si erano mai viste prima”.

Già: il partito di Grasso non si sente. Dopo un esordio forte (la scesa in campo del presidente del Senato con la proposta di abolire le tasse universitarie, peraltro subito scomparsa dai radar) LeU stenta a entrare nel dibattito elettorale. L’attacco frontale a Renzi non può bastare. La non chiarezza su M5S è emersa clamorosamente con la diversità di opinioni fra Grasso e Boldrini. Tantomeno si è rivelata unificante la proposta di D’Alema di un “governo del Presidente”.

Sul piano dei rapporti internazionali, ha bruciato il fatto che Jean-Luc Mélenchon sia venuto in Italia a omaggiare PaP (“Sono venuto a Napoli a imparare, qui fate la lotta per la rivoluzione in Europa”), con Grasso corso ai ripari in quel di Londra per una non indimenticabile photo opportunity con Jeremy Corbyn, “un’operazione un po’ provinciale di autoaccreditamento” come l’ha definita il Foglio.

Male in tv e sui social

Neppure dell’antifascismo militante LeU la spunta. Più efficaci quelli di PaP che nelle trasmissioni tv quando si trovano a cospetto di CasaPound.si alzano e se ne vanno  Ma, a proposito di tv, fosse solo questo il problema. Bersani è ospite costante delle trasmissioni più seguite ma via via appare più nervoso e stanco; D’Alema irrita più di quanto non persuada; su Grasso meglio non infierire; solo Laura Boldrini ha avuto una buona performance contro Salvini dalla Gruber. Un po’ poco.

Sulla Rete poi il confronto con Potere al Popolo sembra assolutamente perdente, come ha dimostrato una ricerca apparsa su Libero Pensiero  dalla quale si evince che LeU non è per nulla social forse a causa di una certa “vecchiezza” del suo modo di fare politica e della cultura politica dei suoi gruppi dirigenti.

Poi è scesa in campo Emma Bonino con una lista che sta dimostrando di saper intercettare (paradossalmente con una piattaforma tutt’altro che estremista) proprio gli elettori che criticano il Pd da sinistra. Per questo Pippo Civati è andato giù a testa bassa: “Il voto alla lista +Europa di Bonino non è solo un voto a Renzi. Ma una benedizione dell’alleanza con Berlusconi, le ben note ‘larghe intese'”.

E anche la martellante campagna di Renzi (“Se votate D’Alema aiutate Salvini”) qualche effetto ce l’ha senz’altro. Quella del voto utile infatti è una campagna che LeU non riesce a bilanciare, complice il fatto che un terzo dei parlamentari viene eletto nei collegi, dove basta un voto in più.

Le critiche dei commentatori

Così, alla fine non si capisce più quale sia l’obiettivo politico di questa lista. Anche a voler scartare la durissima opinione di Francesco Costa su Il Post (“Dentro e fuori Liberi e Uguali anche i pochi benintenzionati sanno che fine farà questo cartello elettorale dal 5 marzo: la fine che ha fatto L’Altra Europa con Tsipras allo scorso giro, e Rivoluzione Civile a quello prima, e la Sinistra Arcobaleno a quello prima ancora. Smetterà di esistere, si sbriciolerà nelle mille sigle che l’hanno costruito allo scopo di farsi riportare in Parlamento”), è indubbio che se l’idea era quella di ricostruire una nuova sinistra, siamo lontani: come ha scritto ancora Caldarola, “l’immagine di Leu è sempre stata opaca, stupisce questa reticenza a mostrarsi, a dire con forza il tema vero, che non sono le tasse universitarie, ma il voler diventare il polo ricostruttivo della sinistra”.

Se la distanza fra società civile e società politica è “il” problema di tutti i partiti, certo LeU non fa eccezione e l’immagine di un pezzo di ceto politico in campo solo per prolungare la propria vita politica è stata fatta propria con queste parole da Alessandro Gilioli sull’Espresso: “Il messaggio di lotta contro le disuguaglianze è stato sovrastato dall’immagine di funzionari in cerca di lavoro, con grotteschi battibecchi sulle alleanze e oggetti che volano alle riunioni, tutti pronti a dividersi il mattino del 5 marzo”.

Ma già il 25 gennaio Alessandro De Angelis su Huffington post registrava una situazione difficile: “È un quadro sconcertante per un progetto all’inizio. Pippo Civati due giorni era sul punto di mollare. Massimo D’Alema è nero, consapevole che su questa vicenda si sta certificando il fallimento di un progetto mai nato: mesi di avvitamenti politicisti nell’attesa di un leader, poi l’attesa di Grasso che non si è rivelato tale, le liste come paracadute, senza idee, slancio, fantasia, mentre i sondaggi attestano una certa freddezza degli italiani, rispetto all’ambizione della doppia cifra”.

Addio due cifre

Anche se tutto è possibile e l’affidabilità dei sondaggi è quanto mai relativa, nessuno ormai scommette sulle famose “due cifre” previste da Massimo D’Alema. Nelle ultime ore anzi c’è chi paventa addirittura un risultato che mette in forse l’ingresso in Parlamento e Elisa Calessi su Libero ha addirittura azzardato l’ipotesi della scissione, con Fratoianni-Civati da una parte e Mdp dall’altra. Forse è tutto troppo esagerato. Ma persino D’Alema è preoccupato. Incontrando Nando Pagnoncelli qualche giorno fa gli ha chiesto: “Quanto stiamo sprofondando?”.

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Caos propaganda elettorale

Milano irregolare, Prefettura e Comuni allo sbando totale. Allo studio denunce e ricorso per slittamento elezioni.


Per contestare il caos provocato da Prefetture e Comuni, Stefano Apuzzo, nella mattinata di oggi, lunedi 19 febbraio, si è fatto affiggere su un tabellone con la colla a Milano e, con i chiodi, alle impalcature di legno, prive dei tabelloni, a Opera (Mi).


affisione cristiana
È caos totale sui tabelloni elettorali a Milano e provincia. La Legge elettorale ha creato grande confusione, la Prefettura ha aggravato la situazione e i Comuni, quasi tutti, hanno completato il quadro catastrofico, con il risultato che, a venti giorni dal voto, i candidati non possono affiggere i propri manifesti.

Ad esempio, a Milano città non sono previsti gli spazi per i candidati all’uninominale, i quali, se vogliono affiggere i manifesti, devono farlo negli spazi delle liste.

In alcuni Comuni, come Opera, questa mattina erano ancora in allestimento le impalcature e, precedentemente, sono state montate solo le stesse, ma non le plance per affiggere i manifesti. Alcuni Comuni usano i numeri per identificare gli spazi delle liste, altri le lettere. Il risultato è che, nella maggior parte dei Comuni, i tabelloni elettorali sono quasi tutti vuoti (fatto salvo per gli abusivi). I candidati, per legge, devono avere 30 giorni a disposizione per la propaganda elettorale. Se entro pochi giorni la situazione dovesse finalmente arrivare alla normalità, i candidati avranno si e no 15 giorni a disposizione per la campagna elettorale. “Ho chiesto ad alcuni avvocati di studiare la situazione, al fine di valutare se richiedere il rinvio delle elezioni e molto probabilmente sporgeremo denuncia verso i Comuni che non hanno ancora allestito gli spazi elettorali”, dichiara l’ex deputato Stefano Apuzzo, assessore di Rozzano e candidato della Lista “Gori Presidente”.

Personalmente, ho ovviato al caos creato da Prefettura e Comuni affidandomi ad un’agenzia di professionisti, la storica agenzia di affissioni Bergomi e Falcone, attiva da un ventennio nelle affissioni elettorali che sta curando le campagne elettorali di partiti e candidati in tutta la Lombardia. Nella confusione totale che regna oggi, chi affigge i manifesti, onde evitare multe salatissime al candidato, deve fare opera di studio e di interpretazione, agendo con cautela ma anche assicurando al candidato la visibilità necessaria”, prosegue Apuzzo.

L’agenzia mi fa notare che non è vero che i candidati non hanno prodotto i manifesti; loro affermano di essere bloccati in magazzino con una valanga di manifesti pronti da attaccare”, conclude Apuzzo.

Nota normativa.

Secondo la legge che disciplina la campagna elettorale, l’affissione dei manifesti di propaganda da parte di partiti o candidati va effettuata esclusivamente negli appositi spazi destinati in ogni comune. La legge disciplina anche le misure degli spazi (2 metri in altezza per 4 di base) nei comuni più piccoli e 6 metri per 8 nei comuni più grandi. La legge proibisce tra l’altro di usare muri o palizzate per la propaganda. In ogni comune, la Giunta municipale tra il 33esimo e il 30esimo giorno precedente la data del voto è tenuta a stabilire in ogni centro abitato gli spazi da destinare ai tabelloni, avendo cura di montarli nelle zone più frequentate dell’abitato, ripartiti in equa proporzione per tutto l’abitato. Il numero degli spazi dipende da Comune a Comune. In caso di coincidenza di elezioni, la Giunta deve provvedere a delimitare gli spazi distintamente per ciascuna elezione. Nel caso in cui la Giunta non provveda nei termini prescritti agli adempimenti, il Prefetto è tenuto a nominare un Commissario. I tabelloni vanno numerati da sinistra a destra, su una sola linea orizzontale. Secondo l’articolo 3 della legge 212, a 30 giorni dal voto, i comuni devono essersi organizzati. 

La legge non è stata applicata, né a Milano né nella maggior parte dei Comuni.
SA incollato

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Elezioni: il candidato della Lista Gori Presidente, Stefano Apuzzo, chiede un incontro alla Comunità ebraica milanese e a Fiamma Nirenstein.

Il candidato per la Regione Lombardia nella Lista “Gori Presidente”, l’ex deputato verde Stefano Apuzzo, dopo le polemiche dei giorni scorsi, scrive alla Comunità ebraica milanese e a Fiamma Nirenstein, chiedendo un incontro di chiarimento.

A seguito di una precisa campagna di stampa contro di me e le persone impegnate in progetti umanitari in Palestina, con infamanti accuse di antisemitismo, ho deciso di chiedere un incontro con i responsabili della comunità ebraica di Milano e con la giornalista Fiamma Nirenstein per un confronto franco e diretto in merito alle bugie scritte da Il Giornale e riprese da altre testate. E’ in corso una campagna di odio nei miei confronti, volta a stroncare la possibile elezione di un volontario da sempre impegnato nella cooperazione internazionale, in Africa e Palestina”, afferma il candidato Stefano Apuzzo.

Auspico che tale incontro possa essere accettato e sono convinto che il confronto, scevro da pregiudizi, possa finalmente chiarire, al di là delle differenti posizioni e giudizi sul governo israeliano, che le bufale pubblicate rappresentano solo una campagna strumentale tesa a colpire il candidato di centrosinistra alla presidenza della Regione Lombardia, Giorgio Gori, tendendo a far dimenticare le uscite razziste e xenofobe di Fontana sulla cosiddetta razza bianca”, prosegue Apuzzo che conclude “Fontana evoca gli stessi slogan e concetti che furono alla base degli articoli del fogliaccio “La difesa della razza” e che furono prodromici alla emanazione delle leggi razziali. Il Giornale e qualche altra testata, stanno usando armi di distrazione di massa”.

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