"La qualità ambientale delle città" Progetto di alternanza scuola-lavoro di ISPRA
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L’Ispra pubblica annualmente il Rapporto sul consumo di suolo e quest'anno ha diffuso anche un videomessaggio con quattro "testimonial" che invitano a stare attenti al suolo che consumiamo.
Consumo del suolo
Le stime Ispra, tra l'altro, evidenziano come il consumo di suolo negli ultimi quattro anni abbia portato amaggiori costi, a causa di servizi ecosistemici non più assicurati da un territorio ormai artificializzato, che sonovalutati tra i 600 e gli 900 milioni di Euro l’anno.
L'informazione in materia ambientale acquista carattere generale, consentendo la capacità di chiunque (interessato o meno) a richiedere informazioni sullo stato dell’ambiente, intendendo tutto ciò che riguarda lo stato dell’aria, dell’acqua, del suolo, della fauna, della flora, del territorio, informazioni sulle attività nocive o misure che possono incidere negativamente sull’ambiente, compresi gli atti amministrativi di gestione dell’ambiente.
Nel nuovo decreto sono anche stati disposti casi tassativi per i quali le amministrazioni possono rifiutarsi dal cedere le informazioni, al di fuori di tali eccezioni non esiste alcuna possibilità di rifiuto o rigetto delle richieste.
Innoltre le informazioni possono, inoltre, essere richieste non soltanto a qualunque organismo pubblico (Ministeri, ASL, Enti locali etc.), ma anche agli enti, pubblici e non, concessionari di pubblici servizi (aziende municipalizzate che agiscono nel settore dei rifiuti etc.).
Una nuova disciplina di tutela è stata, inoltre, improntata nel D.lgs 39/97. Infatti, qualora una richiesta non riceva risposta entro trenta giorni si intende rifiutata e al rifiuto è possibile opporsi procedendo, entro trenta giorni, a un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale.
L'attività venatoria è regolata dalla legge n. 157/92 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e prelievo venatorio”, legge quadro di disciplina di tutta la materia della caccia e tutela della fauna selvatica.
Questa legge, sostituisce la legge n. 968 del 1977, e nasce a seguito del referendum del 1990 che proponeva l’abolizione della caccia su tutto il territorio italiano e, che per mancanza del quorum, era stato annullato.
E disciplina il prelievo venatorio di fauna selvatica prescrivendone le modalità e attribuendo le competenze degli enti locali e degli organi preposti alla tutela della fauna e la loro autonomia in materia.
Con la legge è quindi stabilito il principio che la fauna selvatica appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato.
Lo stato può derogare a questo principio nelle forme e nei limiti stabiliti dalla legge, e può rilasciare appunto in deroga, al cacciatore una concessione, la “licenza di caccia” che consente di abbattere esclusivamente le specie elencate e nei periodi, orari, mezzi, stabiliti dalla legge stessa.
Quindi in Italia, non esiste un “diritto alla caccia”: l’attività venatoria concreta un interesse del cacciatore a non vedersi negato il rilascio della licenza di caccia nel caso in cui possieda tutti i requisiti richiesti dalla legge.
Oltre a definire quali sono le specie che si possono cacciare e quelle che, invece, sono assolutamente protette, la legge ordina la materia fissando le modalità a cui si devono attenere le regioni nella stesura delle leggi regionali, con precisi calendari venatori, piani faunistici e pianificazione del territorio. Per controllare maggiormente l’applicazione della normativa nazionale e internazionale, la normativa regionale può regolamentare la materia solo in maniera più restrittiva rispetto alle disposizioni della legislazione nazionale.
Ci sono voluti parecchi anni affinché tutte le regioni si mettessero in regola con l’emanazione di leggi di applicazione della 157 ed oggi, a distanza di più dieci anni tutte le regioni le hanno adottate, nonostante ce ne siano ancora alcune che risultano essere in parziale difformità con il disposto della l57.
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